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Bike Features

Bike Features

The Baja Twins go Matchlight!
Se si guarda abbastanza a lungo negli specchietti retrovisori delle nostre Baja Twins, si intravvedono barfind da sogni Harley, forcelle capaci di farsi invidiare dai camion trasporto tronchi, scarichi che interferiscono con il traffico aereo – in breve: sul nostro duo mexicaliforniano stanno ancora attaccati parecchia polvere e parecchi ricordi dell'ultimo Born Free Motorcycle Show.
Già più di una volta il Born Free, raduno mondiale della cultura imbullonatori, per noi è valso un viaggio. E questa volta eravamo determinati a portarci qualcosa di bello. 'Na Harley, per esempio?
Così abbiamo setacciato il nostro quartier generale e annessi ripostigli, e presto avevamo tanto materiale di partenza da farne addirittura 2 di moto. Perché allora non costruirci due chopper uguali. Beh, uguali – ma anche un po' diversi.
Solo con lo stesso spirito baja-california-sole-avventura-polvere-strada-deserto-tequila-birra-chopper.
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Harley LiveWire @ W&W
A chi come noi gira su ammassi ferrosi sparacchianti che potrebbero essere scappati da un museo, da uno sfasciacarrozze o da una rivista di Custom, difficilmente capita di sentirsi un pioniere.
Grande è quindi l'emozione quando arriva la telefonata da Francoforte: “È arrivata!” E quella arrivata è la Livewire. Il colpaccio di Harley Davidson, essere il primo grande marchio di motocicli a mettere su strada una moto elettrica. Una promessa molto ammirata – ma pure schernita - dei signori di Milwaukee, i cui prodotti noi portiamo in giro per le strade del mondo ormai da parecchio tempo, con gran divertimento e molto lavoro chiave inglese in mano.
E proprio perché la Livewire è una cosa così completamente diversa, proveniente da un universo altro rispetto a quello dei nostri amati trattori, proprio per questo siamo doppiamente curiosi e abbiamo ordinato uno di quei “cosi”.
Perciò selliamo il Magic Bus e filiamo a Francoforte,
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1948 Wrecking Crew Pan
Chi getta oggi uno sguardo sulla nostra Panhead del 1948 difficilmente riesce a immaginare quello che ha passato. Il fatto è che fa parte del nostro parco macchine già dagli anni ’80. E ogni volta che avevamo un piano, qualunque fosse, lei ci doveva essere, sempre!

L’elenco dei suoi impieghi fa impressione: come shaker durante uno dei nostri party Maitai: nel sidecar la tanica col rum e tutto il resto, poi su per la collina, ed ecco fatto il cocktail.
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Bates Beefy Body FX
Certo che una bella Shovelhead non è proprio la peggior cosa da schiaffarsi sotto il sedere se uno è amante dei modelli attempati di Milwaukee.

Se poi ci si gironzola per dei show custom tipo Norrtälje in Svezia o Punta Bagna in Francia, per non parlare del Born Free USA, beh, un certo qual rischio da ispirazione non è da escludere.

Viste le infinite varianti che si offrono al customizzatore di stile, fra serbatoio vintage AMF e quello Café Racer ribattuto in proprio, fra parafango stile Bobber e montanti parafango Curved, seduta King&Queen e monosella, da qualche parte lì in mezzo uno cerca il pezzo ancora più speciale, quello ancora più raro – ed ecco che si imbatte in una categoria particolare di componenti per motocicli:

La materia di cui è fatta l’arte. Pure Willie G. Davidson le aveva viste, alla fine degli anni ’60, le possibilità create dai nuovi materiali. Così nel 1971 per i modelli Sportster e FX ci fu il leggendario Boattail. Una combinazione fra sella e parafango posteriore in fibra di vetro. Fibra di vetro, cioè fibre di vetro legate con resine artificiali, che fu impiegata come isolante già negli anni Trenta del ‘900 nella costruzione di case. Con l’emergere della cultura surf, questa materia plastica rinforzata con fibre di vetro (GFK) venne impiegata nella realizzazione delle tavole da surf, per via della sua elevata adattabilità. Ed era solo una questione di tempo perché trovasse impiego anche nel settore motociclistico. Dal punto di vista commerciale però il Boattail per le Harley fece un buco nell’acqua e sparì subito dai cataloghi. Oggi è un pezzo da collezione altamente quotato.

Molto più avanti dei signori di Milwaukee era un giovane di nome Tracy Nelson con la sua azienda californiana, che inizialmente si chiamava “Tracy’s Fiberglass Works”, ma divenne leggendaria come “Tracy”.
Tracy realizzava, per varie marche e modelli, dei “Monobodies” completi, vale a dire dei componenti integrali in fibra di vetro fatti di parafango posteriore, seduta e serbatoio, a volte con una carenatura laterale. Vista la gran varietà che un tale catalogo Tracy offriva, nei primi anni ’70 ne nacque una specie di febbre da fibra di vetro, dove nessun Monobody risultava troppo strano e la verniciatura non era mai troppo accesa. Solo che a quel tempo i Monobodies per le Harley erano una rarità, e oggi magari se ne trova uno che più o meno ancora va bene o un altro che si riesce a modificare – solo che semplicemente non sono affidabili, perché il tempo rode pure la fibra di vetro. E soprattutto nel caso di un serbatoio la cosa può finir male. Ecco perché ora c’è il Bates Beefy Body.

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The Bootlegger
Nonostante il nostro grande amore per i ferri vecchi, un bel giorno nel cortile si era materializzato uno Sportster 883 Iron del 2011 stand. “Ecco, gente, serve per andare in città, alla posta, alla dogana e così via.” Così il macinino menava una vita ricca di diversivi ma solo blandamente avventurosa, come mezzo tuttofare e a disposizione di tutti. E ovviamente ne portava i segni, per cui a un certo punto s’era ritrovato in officina per farsi togliere delle pecche di poca importanza. Sul palcoscenico.
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Dallo scaffale al telaio
Immaginate che si trovi un telaio Shovel 74, con tanto di documenti. E che tempo prima, intorno al 1975, s'andava in giro sparacchiando su una SuperGlide FX 1200. Immaginate poi che ci sia a disposizione tutto quanto il magazzino di W&W, dove prendere tutto quello che si trova sugli scaffali, o quanto il catalogo è capace di offrire... beh, a quel punto viene per forza l’idea di ricostruirsi una FX del genere, magari con qualche cedimento soft alla tecnologia odierna.

E si comincia dal motore: se non si desidera rovistare in mucchi di metallo o andare a caccia in internet, allora si impone da sé l'SH Power, il motore shovel di S&S. Bei 93 cu.in., davvero un’ottima base per lavorarci intorno.

S’aggiunga un cambio Baker a 4 marce, freni Performance Machine davanti e dietro... l’elenco completo l’abbiamo allegato, ovviamente. Gli osservatori attenti noteranno la mancanza del forcellone e dei comandi freno a pedale: bravi! È che in più di un angolo quasi dimenticato dell’universo W&W c’erano ancora dei pezzi originali. Da non dimenticare poi gli eccitanti Curved Fender Struts – un extra davvero scottante negli anni ’80, e fino a poco fa una specialità assai ricercata – ce li ha inchiodati nel programma Matthias della svedese Le Beef.

Assemblando la FX nelle catacombe termoresistenti di W&W Spagna c’era spessissimo ospite lo star-smanettatore Garci di Custom Biker/Malgrat, il quale ha operato con la sua magica manina su tutto quello che non è elettrico.

Poi le escursioni di collaudo hanno portato fino in Svezia, a Norrtälje alla Custom Bike Show e al vertice dei raduni custom-bike: a Punta Bagna. Risultato: questa FX si lascia guidare come una moto nuova.

Solo che la somiglianza con una moto nuova di Milwaukee sta pure nel prezzo, poco più poco meno. Il fatto è che bisogna scegliere se si preferiscono le benedizioni della Company o se si desidera una Harley che nessun’altro ha. Per giunta fatta interamente a casa.
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Introducing: The Leafspring-Forked Knucklehead
Ed ecco a voi: la Knucklehead dalla forcella a balestra.
A guardar bene, da sempre W&W è impegnata nell’accelerare la roba preistorica Milwaukee per fiondarla nell’attualità (l’accento va su accelerare, ovviamente). E riuscire a sistemare ogni tipo di forcella fa parte dell’impresa. Ma particolarmente sfacciata era l’idea di schiaffare una vecchia forcella a balestra Indian dentro un telaio Big Twin. Il risultato è stato un comportamento in corsa più che dubbio – per un motivo ovvio: le geometrie del telaio Harley e della forcella Indian sono incompatibili.
Ci mancherebbe però che noi si rinunci a un progetto per dei semplici condizionamenti tecnici. Ergo, ci facciamo costruire una forcella tutta nostra, bella d’aspetto e ben funzionante.

E dato che noi per principio cavalchiamo quello che poi vendiamo, non abbiamo fatto sconti al prototipo della forcella a balestra – alla quale abbiamo messo il nome Cannonball, tanto per dire – imbullonandolo a una Shovelhead a telaio rigido. Quella poi l’abbiamo spedita insieme alla Wrecking Crew (una specie di reparto speciale di W&W) nell’inverno finlandese, su una Ice Road nel Canada settentrionale e – per portare il test all’estremo – su una spiaggia di sabbia in Florida.

E che dire: i test hanno avuto esito più che soddisfacente. Quindi, si poteva andare avanti:
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